Nel corso degli anni BioHorizons ha contribuito alla realizzazione di numerosi studi che hanno poi orientato lo sviluppo di impianti e protesi. È stato seguito il metodo scientifico, utilizzando un'ampia varietà di modelli (di laboratorio, su animali e umani). Nell’ambito di tali modelli, le prestazioni dell'impianto sono state valutate in condizioni diverse con speciale attenzione all'analisi del carico (carico immediato non funzionale e funzionale e carico anticipato e ritardato).
ABSTRACT
In un impianto conico, la superficie filettata funzionale è definita come l'area in grado di dissipare carichi di compressione e tensione (non di taglio) sull'osso e di fornire la stabilità iniziale al posizionamento dell'impianto. La superficie funzionale stabilisce la porzione della superficie dell'impianto che consente il contatto iniziale degli osteoblasti con la stessa superficie dell'impianto. Insieme, la superficie funzionale e la densità dell'osso ospitante determinano la distribuzione del carico biomeccanico dell'impianto. L'indagine, basata su modelli matematici e convalidata da modelli informatici, ha determinato la superficie funzionale di tre tipi di filettatura riscontrati negli impianti: la filettatura a V, la filettatura resistente e la filettatura quadrata. I risultati di questa indagine dimostrano che può essere ottenuta una superficie funzionale considerevolmente maggiore con la filettatura quadrata e che la superficie aumenta variando i parametri della geometria della filettatura, quali il passo e la profondità.
© Compend Contin Educ Dent. 1998;19(numero speciale):4-9.
ABSTRACT
La frattura dei componenti e l'allentamento delle viti sono problemi ricorrenti per gli impianti attuali. Questa indagine ha esaminato l'influenza dei fattori di design come il diametro della piattaforma e l'altezza dell'esagono sulla forza meccanica e la qualità di adesione dell'interfaccia impianto-abutment. Sono stati condotti test di piegatura statica e comprimente su impianti basati su una densità ossea di diametro pari a 4 e 5 mm. Inoltre è stata eseguita la valutazione SEM dell'interfaccia impianto-abutment per valutare la qualità dell'adesione tra i componenti a contatto. L'impianto con un diametro di 5 mm è risultato più resistente sia in condizioni statiche che di lavoro rispetto agli impianti con un diametro di 4 mm. Da un confronto dei risultati nella letteratura pubblicata è emerso che entrambi gli impianti sono uguali o superiori alle connessioni protesiche alternative in una configurazione di testing identica. I risultati del test dimostrano la validità degli impianti di diametro ampio nel ridurre le probabilità che si verifichi la frattura dei componenti negli attuali sistemi implantari.
© J Prosthet Dent. 1999 Oct;82(4):436-440.
ABSTRACT
Sebbene sia stato suggerito di usare gli impianti di piccolo diametro (=3,5 mm) con cautela a causa di un maggiore rischio di fratture da fatica in condizioni di carico clinico, diverse strutture implantari con diametri di <3 mm sono attualmente disponibili sul mercato per le ricostruzioni, comprese le protesizzazioni. Si registra la mancanza di studi di laboratorio e studi clinici randomizzati-controllati per dimostrare l'efficacia clinica delle strutture con diametri piccoli. Questo studio di laboratorio si proponeva di offrire dei dati comparativi sulle prestazioni meccaniche di alcuni impianti stretti disponibili in commercio.
While caution in the use of small-diameter (≤3.5 mm) implants has been advocated in view of an increased risk of fatigue fracture under clinical loading conditions, a variety of implant designs with diameters <3 mm are currently offered in the market for reconstructions including fixed restorations. There is an absence of reported laboratory studies and randomized-controlled clinical trials to demonstrate clinical efficacy for implant designs with small diameters. This laboratory study aimed to provide comparative data on the mechanical performance of a number of narrow commercially marketed implants.
Materiali e metodologie:
Impianti di design variabile sono stati sottoposti a un'indagine con un'impostazione di testing standard simile a quella raccomandata per il testing di laboratorio ISO. I sistemi implantari sono stati montati su blocchi di acrilico per sostenere corone realizzate in laboratorio e soggette a un carico fuori asse di 30° su un tensiometro LRX. I dati conclusivi sono stati raccolti su base continua utilizzando il software Nexygen.
Risultati:
animali Conclusioni:
The diameters of the commercially available implants tested demonstrated a major impact on their ability to withstand load, with those below 3 mm diameter yielding results significantly below a value representing a risk of fracture in clinical practice. The results therefore advocate caution when considering the applicability of implants ≤3 mm diameter. Standardized fatigue testing is recommended for all commercially available implants.
Notable quotes:
© Clin. Oral Impl. Res. 2008 May;19(6):553-559.
Finalità:
I diversi sistemi implantari disponibili oggi presentano parecchi tipi di trattamenti superficie finalizzati all'ottimizzazione del contatto osso-impianto. Questo studio ha messo a confronto 4 diversi tipi di superfici implantari.
Materiali e metodologie:
Il primo, secondo, terzo e quarto premolare mandibolare sono stati estratti in cinque giovani cani meticci maschi adulti. Novanta giorni dopo la rimozione, sono stati inseriti, nell'emiarcata mandibolare, impianti (Paragon) a vite di 3,75 mm di diametro e 10 mm di lunghezza, con diversi trattamenti della superficie. Sui cani sono stati posizionati due impianti dotati di ognuno dei seguenti trattamenti superficie: liscio (levigato), titanio plasma-sprayed (TPS), rivestimento in idrossiapatite (HA) e sabbiatura con particelle solubili (SBM).
Gli impianti sono rimasti privi di carico per novanta giorni. Successivamente, gli animali sono stati soppressi e le emiarcate estratte e sottoposte a procedure istologiche per ricavarne sezioni non decalcificate. Sono state preparate due sezioni per usura longitudinali per ciascun impianto, che sono state quindi analizzate al microscopio ottico collegato a un sistema computerizzato per istomorfometria.
Risultati:
Relativamente ai contatti osso-impianto, sono stati ottenuti i seguenti valori percentuali medi: superficie levigata = 41,7%, TPS = 48,9%, HA = 57,9% e SBM = 68,5%.
Discussion:
Le medie dei trattamenti che hanno aggiunto ruvidità alla superficie implantare sono risultate numericamente superiori alla media riscontrata per la superficie levigata. Tuttavia, questa differenza è risultata statisticamente significativa solo tra il gruppo SBM e superficie levigata (Tukey test, P <0,05).
Conclusioni:
In questo modello, la superficie trattata con SBM ha dato contatti osso-impianto maggiori rispetto alla superficie levigata dopo 90 giorni senza carico.
© Int J Oral and Maxillofac Implants 2002;17:377-383 Nota: il trattamento superficie SBM (sabbiatura con particelle solubili) è equivalente al trattamento superficie RBT (sabbiatura riassorbibile). Entrambi i trattamenti sono eseguiti da Bio-Coat, a Southfield, nel Michigan.
Premessa:
La geometria della filettatura degli impianti è stata menzionata come fattore che potrebbe potenzialmente influire sulla stabilità dell'impianto e sulla percentuale dell'osteointegrazione. Per tale motivo, questo studio prospettico parallelo randomizzato si proponeva di valutare gli effetti che il design della filettatura degli impianti può avere sulla qualità dell'osteointegrazione e sulle relative percentuali, nonché sulla resistenza al torque inverso nella tibia dei conigli.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
Settantadue impianti su misura, a vite, in titanio commercialmente puro (3,25 mm di diametro x 7 mm di lunghezza), sono stati posizionati nelle tibie di 12 conigli neozelandesi bianchi. Ogni tibia ha accolto tre impianti con filettature di varie forme: una a V, una con filettatura resistente e una con filettatura quadrata.
I conigli sono stati soppressi dopo un periodo di guarigione di 12 settimane a decorso regolare. Gli impianti delle tibie destre sono stati sottoposti a un processo di valutazione istologica e istomorfometrica del contatto tra osso e impianto e della densità radiografica del tessuto osseo circostante, mentre gli impianti delle tibie sinistre sono stati usati per test sul torque inverso. Le differenze tra le tre filettature sono state esaminate mediante l'analisi della varianza (ANOVA).
Risultati:
In base ai dati raccolti, gli impianti con filettatura quadrata hanno presentato un contatto tra osso e impianto notevolmente maggiore e maggiori valori di torque inverso rispetto alle filettature a V e quelle resistenti, mentre le valutazioni radiografiche non hanno rivelato differenze nella densità ossea.
Conclusioni:
I risultati indicano che la filettatura quadrata può avere un impiego più efficace nei sistemi implantari endossei.
© J Periodontol 2004;75:1233-1241
ABSTRACT
Premessa:
Il carico immediato degli impianti è stato introdotto come metodo utile alla riduzione dei tempi del trattamento implantare senza comprometterne la prognosi. In questa ricerca sono stati valutati istologicamente gli effetti dei tempi di carico sulla quantità di contatto tra osso e impianto e sulla formazione di tessuto osseo intorno agli impianti. Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
Tre mesi prima dell'inserimento dell'impianto sono stati estratti i premolari inferiori di 15 cani. In ognuno dei cani sono stati inseriti tre o quattro impianti (N = 48), posizionati nei siti di estrazione dopo la rimarginazione. I cani sono stati divisi in tre gruppi e gli impianti sono stati caricati o 48 ore dopo o 1 settimana più tardi con corone in acrilico prefabbricato o in metallo oppure sono stati lasciati senza carico fino al momento della soppressione. Tre mesi dopo l'inserimento dell'impianto, gli animali sono stati soppressi e i campioni sono stati esaminati per quantificare il contatto tra osso e impianto, e determinare la percentuale di osso lamellare e intrecciato e l'infiammazione del tessuto osseo di nuova formazione. Risultati:
In base ai criteri adottati, non sono state riscontrate differenze significative fra i tre gruppi (P >0.05); tuttavia, il gruppo senza carico ha fatto registrare il livello più alto di contatto tra osso e impianto e il gruppo con carico effettuato 48 ore dopo l'inserimento dell'impianto, il livello più basso. Il tipo di protesi non ha influito significativamente sul tasso di riuscita dell'impianto (P>0,05). La percentuale di tessuto osseo lamellare e intrecciato dell'osso di nuova formazione era uguale in tutti e tre i gruppi (P>0,05). Nel corso dello studio si è verificato il fallimento di un impianto in ogni gruppo. Conclusioni:
Il tempo di carico sembra non avere una significativa incidenza sul livello di osteointegrazione, sul contatto tra osso e impianto e sulla composizione del nuovo tessuto osseo che si forma intorno agli impianti. © J Periodontol. 2006;77(10)1701-1707.
Modelli matematici e in vitro hanno dimostrato che una nuova struttura implantare con filettatura quadrata aumenta la superficie funzionale e migliora i profili di carico nei tessuti ossei contigui. Questa ricerca era finalizzata alla valutazione della risposta istologica del tessuto osseo al carico in un modello canino. Gli impianti sono stati posizionati nelle mandibole di cani di razza beagle con edentulismo parziale posteriore indotto.
Tre mesi dopo l'impianto, gli animali sono stati dotati di protesi parziali fisse indipendenti e sono stati seguiti per altri sei mesi. Le analisi istologiche hanno evidenziato che ogni impianto si è osteointegrato con una percentuale media della lunghezza del contatto osseo del 53,7%.
Un'osservazione interessante è stata quella relativa alla maggiore formazione di tessuto osseo sulla parte inferiore della filettatura quadrata e sulle adiacenti filettature lamellari concentriche di collegamento. Queste osservazioni suggeriscono che la geometria della filettatura quadrata ha un effetto positivo sul rimodellamento dell'osso e sulla formazione di osso lamellare, che risulta più rapida e più forte.
© Implant Dent 2000;9:252-260
Il presente studio si proponeva di mettere a confronto la risposta ossea alle superfici levigate e a quelle sabbiate con particelle di idrossiapatite (HA) e con sabbiatura riassorbibile (RBT). Sono stati usati impianti a vite in titanio commercialmente puro grado 3 con filettatura del tipo levigato e RTB.
Sono stati usati ventiquattro conigli neozelandesi bianchi maschi adulti. Gli impianti sono stati inseriti nell'articolazione femoro-rotulea con una tecnica descritta in precedenza. Su ogni coniglio sono stati inseriti 2 impianti, 1 di test (RBT) e 1 di controllo (levigati). È stato inserito un totale di 48 impianti (24 di controllo e 24 di test). I conigli sono stati anestetizzati con iniezioni intramuscolari di fluanisone (0,7 mg/kg di peso corporeo) e diazepam (1,5 mg/kg di peso corporeo), ed è stata eseguita un'anestesia locale con 1 ml di soluzione di lidocaina/adrenalina al 2%.
Due conigli sono morti nel decorso postoperatorio. Quattro animali sono stati eutanasizzati con un'overdose letale di pentobarbital per via intravenosa dopo 1, 2, 3 e 4 settimane; 6 conigli sono stati eutanasizzati dopo 8 settimane. In totale, sono stati recuperati 44 impianti. Questi campioni sono stati trattati con Sistema automatizzato di precisione 1 per ottenere sezioni per usura sottili. In totale, sono stati ottenuti 3 vetrini per ogni impianto.
I vetrini sono stati colorati con fucsina acida e basica e blu di toluidina. I vetrini sono stati osservati con microscopio Leitz Laborlux con luce a trasmissione normale ed è stata eseguita un'analisi istomorfometrica. Nel caso degli impianti levigati è risultato possibile osservare la presenza di trabecole ossee vicino alla superficie dell'impianto a basso ingrandimento. A ingrandimento più elevato, sono stati osservati molti osteoblasti positivi secernenti fosfato alcalino (ALP+). In molte aree era presente una matrice non ancora mineralizzata.
Dopo un periodo compreso tra 4 e 8 settimane, è stato osservato del tessuto osseo maturo a diretto contatto con la superficie dell'impianto, ma in aree non ancora mineralizzate è stata interposta matrice osteoide tra il tessuto osseo mineralizzato e la superficie dell'impianto. Negli impianti RBT erano presenti molti osteoblasti APL+, a contatto diretto con la superficie dell'impianto. In altri punti del perimetro dell'impianto è stato possibile osservare la formazione di una matrice osteoide direttamente sulla superficie dell'impianto. Va sottolineato che questi risultati sono stati ottenuti in una situazione passiva, senza carico.
© J Oral Implantol 2002;28:2-8
ABSTRACT
Questo report presenta i dati di uno studio prospettico su un sistema implantare basato sulla qualità ossea. La sopravvivenza chirurgica di 975 impianti è risultata pari al 99,4%, con il 100% di sopravvivenza in osso D4. Sono state identificate tre fasi critiche nella perdita ossea: rimodellamento osseo tra la prima e la seconda fase chirurgica; dalla fase di scopertura II al fissaggio della protesi (periodo di transizione); dal fissaggio della protesi fino al carico del primo anno (perdita ossea del primo periodo di carico). ll periodo compreso tra la fase I e la fase II di scopertura del rimodellamento dell'osso crestale è risultato caratterizzato da una perdita ossea verticale media compresa tra 0,021 mm e 0,36 mm (SD = 0,90 mm), a seconda che l'impianto sia stato o meno esposto alla cavità orale durante la rimarginazione ossea. Non è stata riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra i quattro tipi di impianto, e tra i relativi diametri, densità ossea e posizione. Dalla fase di scopertura II al fissaggio della protesi, la perdita ossea verticale media era compresa tra 0,12 mm e 0,20 mm. Centotre pazienti sono stati protesizzati con 360 impianti e 105 protesi in funzione per un periodo tra 12 e 26 mesi. Non si è verificato nessun fallimento implantare nella fase iniziale di carico. La perdita ossea media in fase di carico iniziale è risultata pari a 0,29 mm (SD = 0,99 mm). Studi clinici precedenti indicano che la maggior parte dei fallimenti e della perdita di osso crestale ha luogo entro il primo anno di carico. Lo studio suggerisce che il design degli impianti basati sulla qualità ossea riduce al minimo i fallimenti e la perdita di osso crestale, a prescindere dalla densità ossea.
© J Oral Implantol. 1999;25(3):185-197.
ABSTRACT
Premessa: La finalità di questa casistica clinica è stata quella di valutare la sopravvivenza dell’impianto di un singolo dente nel settore posteriore e le condizioni dei denti adiacenti nel lungo termine.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto. È stata esaminata da quattro studi privati una valutazione retrospettiva di 1.162 pazienti con un singolo dente posteriore mancante trattati con 1.377 impianti esagonali External a supporto di 1.365 protesizzazioni circondate da denti naturali su un periodo compreso tra 1 e 10 anni. Sono stati raccolti i dati sulla sopravvivenza degli impianti relativi alle fasi di recupero da I a II, dalla fase II al fissaggio della protesi fino a 10 anni di follow-up. Sono state monitorate, a lungo termine, le condizioni dei denti adiacenti, valutando lo stato di carie, terapia endodontica (apicectomia), e/o l'estrazione durante il periodo di follow-up.
Risultati: Su 1,377 impianti inseriti sono stati registrati 11 esiti negativi su piano chirurgico tra le fasi di recupero I e II. È stato registrato un esito negativo tra la fase II di recupero e il momento del fissaggio della protesi. Sono stati osservati due esiti negativi in fase protesica. La percentuale di riuscita chirurgica è stata del 99,2%, mentre la percentuale complessiva di sopravvivenza è stata del 98,9% ad una media di 61 mesi di follow-up (intervallo: 12-125 mesi). Durante lo studio è stato seguito un numero complessivo di 2.589 denti adiacenti. Durante questo periodo non si è verificata nessuna perdita di denti adiacenti. 129 denti adiacenti (5%), hanno sviluppato carie interprossimale e nove denti adiacenti hanno necessitato di apicectomia (0,4%) conseguente a carie o protesizzazione.
Conclusioni: L'uso di impianti a dente singolo per la sostituzione di denti mancanti posteriori è un valido trattamento a lungo termine. Per un periodo pari a 10 anni dall'inserimento dell'impianto le complicazioni riguardanti i denti naturali adiacenti sono minime.
© J Periodontol. 2008 Dec;79(12):2378-2382.
Questo articolo riporta i risultati quinquennali di uno studio clinico prospettico, monitorato da terzi e multicentrico su un design di impianto basato sulla qualità ossea. In sei centri di ricerca sono stati posizionati 495 impianti in 151 casi, con un periodo medio di follow-up di 1,6 anni (intervallo compreso tra 1,0 e 3,6 anni) successivo al fissaggio delle protesi.
La maggior parte degli impianti inseriti erano D2 e D3 a supporto di protesi parziali fisse e overdenture sostenute da impianti. I severi criteri di valutazione della riuscita che sono stati impiegati hanno prodotto tre esiti negativi, per una percentuale di successo complessiva pari al 99,5%, secondo l'analisi di sopravvivenza con metodo Kaplan-Meier.
Le analisi radiografiche hanno rivelato una perdita ossea media di 0,06 mm a un anno e un aumento osseo di 0,04 mm a due anni dal caricamento della protesi. I risultati non hanno presentato differenze statisticamente rilevanti in base centro, tipo di impianto, densità ossea, zona della bocca o tipo di protesi. I risultati di questo studio quinquennale hanno rivelato un alto tasso di successo e una perdita ossea limitata in tutte le zone della bocca, indipendentemente dalla qualità dell'osso.
© Implant Dent 2002;11:224-234
Finalità:
Questo studio si proponeva di individuare le modifiche intervenute nelle papille interdentali, nella perdita ossea alveolare, nell'aspetto estetico e nella guarigione iniziale in impianti one-piece con diametro ridotto e carico immediato inseriti in spazi interdentali limitati.
Materiali e metodologie:
31 impianti sono stati posizionati in 17 soggetti. Ad ogni visita sono state eseguite foto digitali per valutare lo stadio di rimarginazione del tessuto molle. Il tessuto molle interprossimale che riempie lo spazio interdentale è stato valutato con un indice di Jemt modificato. Sono state effettuate radiografie standardizzate all'inizio (posizionamento dell'impianto) e durante il processo di rimarginazione (a 6 e 12 mesi dall'intervento). È stata fatta una valutazione radiografica dell'altezza dell'osso a partire da un evidente punto di repere presente sull'impianto. Per determinare le differenze statisticamente significative nell'altezza dell'osso è stato adottato un test t unilaterale.
Risultati:
All'esame clinico si è rilevata la mobilità di un impianto, che è stato quindi rimosso, per un tasso di sopravvivenza del 96,7%. L'altezza media dell'osso al momento del posizionamento e della protesizzazione era di 2,33 ± 0,73 mm sopra la prima filettatura. L’altezza media dell’osso a 6 e 12 mesi dopo la protesizzazione era di 1,75 ± 0,78; 1,63 ± 0,81 mm rispettivamente. È stata rilevata una perdita di supporto osseo statisticamente significativa nel corso dei primi sei mesi (0,58 mm; p<0,01), successivamente senza rilevante progressione (0,12 mm; NS). È stato riscontrato un riempimento completo delle papille nel 92% dei siti dei laterali mascellari e nel 60% dei siti degli incisivi mandibolari.
Discussione e conclusioni:
L'impiego di impianti one-piece a carico immediato con diametro ridotto sembra essere un trattamento protesico efficace per le zone con spazio limitato.
© Int J Oral Maxillofac Implants. 2008 Mar-Apr;23(2):281-288
Premessa:
Il concetto di trattamento con carico immediato può essere impiegato con successo in implantologia. Le cellule ossee migrano sulla superficie dell'impianto creando un ancoraggio stabile sulla superficie in titanio. Quando gli impianti vengono caricati immediatamente dopo l'intervento, le ricostruzioni supportate dall'impianto fanno registrare un alto tasso di successo a lungo termine.
In base alle osservazioni istologiche effettuate nell'ambito di vari studi su animali, l'interfaccia degli impianti a carico immediato può presentare una connessione osso-impianto diretta senza formazione di tessuto fibroso. La formazione di tessuto osseo maturo dipende dal periodo di carico. Questo studio si proponeva di convalidare un'analisi istologica di impianti recuperati a carico immediato e clinicamente stabili, diversi per tipologia e superfici. È stata effettuata una dimostrazione oggettiva dell'interfaccia osso-impianto dei sistemi implantari impiegati.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
Un numero complessivo di 29 impianti [N. BioHorizons = 6] diversi per tipologia e superficie sono stati recuperati da pazienti trattati con protocollo a carico immediato e con protesizzazioni immediate fisse, posizionate lo stesso giorno dell'intervento. Il periodo di carico era compreso tra 2 e 10 mesi. L'interfaccia osso-impianto è stata sottoposta ad analisi istologiche e istomorfometriche.
Risultati:
Negli impianti recuperati esaminati è stata riscontrata un'alta percentuale di contatto tra osso e impianto, pari a 66,8% (±8,9%) [BioHorizons BIC% = 80,6%]. Nella zona crestale dell'impianto è stato osservato un certo riassorbimento osseo marginale.
Conclusioni:
Secondo l'attuale valutazione istologica e istomorfometrica degli impianti recuperati e clinicamente stabili, nell'essere umano il carico occlusale immediato può presentare un alto livello di contatto tra osso e impianto.
© J Periodontol 2005; 76:1823-1832
Premessa:
Questo studio era finalizzato a valutare, da un punto di vista clinico, gli impianti soggetti a carico immediato funzionale (IFL) e a carico immediato non funzionale (INFL) in varie configurazioni anatomiche.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
Lo studio si è svolto su 152 pazienti che avevano dato il consenso informato. È stato inserito un numero complessivo di 646 impianti [N. BioHorizons = 242]. Gli impianti sono stati posizionati su 39 mandibole totalmente edentule, 14 mascelle edentule, 23 mandibole posteriori edentule, 16 mandibole anteriori edentule, 16 mascelle anteriori edentule e 15 mascelle posteriori edentule. Sono stati impiegati cinquantotto impianti a sostituzione di singoli denti mancanti. In 65 casi, è stato realizzato un impianto a carico immediato funzionale per 422 impianti. Impianti a carico immediato non funzionale sono stati realizzati in 116 casi (224 impianti).
Risultati:
Nel gruppo degli impianti a carico immediato funzionale 6 impianti su 422 non sono riusciti (1,4%) [N. BioHorizons = 0/0%]; nel gruppo degli impianti a carico immediato non funzionale non sono riusciti 2 impianti su 224 (0,9%) [N. BioHorizons = 0/0%]. Tutti gli altri impianti hanno presentato, alle osservazioni cliniche e radiologiche, una riuscita osteointegrazione, funzionando in modo soddisfacente fin dall'inserimento. Tutti i fallimenti si sono verificati nel giro di pochi mesi dal carico dell'impianto.
Conclusioni:
La tecnica basata sul carico funzionale e non funzionale sembra dare risultati soddisfacenti in determinati casi.
© J Periodontol 2003;74:225-241
ABSTRACT
Premessa: Esiti clinici, radiografici e istologici hanno dimostrato che gli impianti a carico immediato hanno rivelato la presenza di tessuti mineralizzati sull'interfaccia.
Finalità: Questo studio si proponeva di mettere a confronto un protocollo a carico immediato con un protocollo bifasico con l'impiego di un impianto a filettatura quadrata.
Materiali e metodologie: Hanno partecipato a questo studio centocinquantacinque pazienti (71 uomini, 84 donne), di età compresa fra 18 e 78 anni (media: 54 anni). Sono stati inseriti complessivamente 550 impianti (Maestro; BioHorizons, Birmingham, Alabama, USA). Nel gruppo A, sono stati inseriti 264 impianti in 82 pazienti con carico immediato funzionale con contatti occlusali nel caso di pazienti completamente edentuli o con carico immediato non funzionale senza contatti occlusali nel caso di pazienti parzialmente edentuli. Nel gruppo B, sono stati inseriti 286 impianti in 73 pazienti con procedura chirurgica monofase e bifase. Tutti i pazienti sono stati seguiti per almeno 5 anni.
Risultati:Nel gruppo di pazienti con impianti a carico immediato, tre impianti non sono riusciti, tutti in zone mandibolari posteriori, con un tasso di sopravvivenza quinquennale complessivo pari al 98,8%. Nel gruppo di controllo non si sono verificati fallimenti, con un tasso di sopravvivenza quinquennale del 100%. Nei due gruppi non sono state riscontrate differenze statisticamente significative nel tasso di sopravvivenza degli impianti.
Discussion: Anche nella nostra serie di impianti a carico immediato, è stato osservato un tasso di sopravvivenza decisamente elevato. Tutti e tre gli impianti non riusciti sono stati recuperati dallo stesso paziente, un soggetto con scarsa igiene orale, dopo un periodo di carico di 5 anni. Questi dati possono suggerire che, dal punto di vista clinico, un periodo di guarigione abbreviato è compatibile con lo sviluppo e il mantenimento, su un periodo più lungo (5 anni), dei tessuti mineralizzati a livello dell'interfaccia con gli impianti.
Conclusioni: Possiamo quindi concludere che periodi di guarigione più brevi possono risultare molto soddisfacenti dal punto di vista clinico.
© Int J Oral Maxillofac Implants. Gennaio-Febbraio 2011, 26(1): 163-8.
Il carico immediato è una procedura chirurgico-protesica largamente usata in implantologia. Nonostante l'uso frequente, sono disponibili solo dati minimi sul tasso di successo clinico a lungo termine degli impianti a carico immediato funzionale (IFL) e di quelli a carico immediato non funzionale (INFL). Questo studio era finalizzato a valutare la sopravvivenza a lungo termine e la perdita ossea delle protesizzazioni con impianti singoli a carico immediato non funzionale in un gruppo di pazienti monitorati per 5 anni.
Sono stati studiati centoundici pazienti (41,4% uomini) con età media di 40 anni. In totale, sono stati inseriti 111 impianti. Tutti gli impianti sono stati posizionati con torque di inserimento minimo di 25 Ncm. Una protesizzazione provvisoria è stata rivestita con resina acrilica, tagliata, levigata e fissata con cemento o vite da 1 a 2 ore più tardi. Nelle escursioni laterali e centrali è stato evitato il contatto occlusale.
Dopo il fissaggio provvisorio della corona, è stata effettuata una radiografia periapicale con l'aiuto di un centratore di Rinn personalizzato. I dati sono stati analizzati per mezzo di algoritmi di Kaplan-Maier e tavole di mortalità. La stratificazione della sopravvivenza degli impianti è stata effettuata per le variabili di interesse a disposizione e le comparazioni sono state analizzate per mezzo di un log-rank test.
I parametri studiati erano il momento del posizionamento dell’impianto, la qualità ossea, il sito dell'impianto, il diametro e la lunghezza dell'impianto e il tipo di miglioramento della superficie dell'impianto. I parametri del tasso di successo complessivo sono stati definiti in base al riassorbimento osseo <1,5 mm dopo il primo anno di carico e <0,2 mm successivamente. Durante i 5 anni di follow-up è stato rilevato un tasso di sopravvivenza del 95,5%. Tutti i fallimenti si sono verificati entro 4 mesi dal carico dell'impianto.
C'erano differenze statisticamente rilevanti riguardanti i siti degli impianti rimarginati a fronte di quelli post-estrattivi (100% e 92,5%, rispettivamente, P = 0,05) e il tipo di osso (ove il confronto fra D1 e D4 è risultato del 100% e 95,5%, rispettivamente, P <0,05). Non sono state rilevate differenze per: (1) sito (100% per la mandibola e 94,6% per la mascella, P =0,319); (2) diametro dell’impianto (tassi di sopravvivenza del 97,26% per il diametro <4,5 mm e del 92,11% per il diametro >4,5 mm, P =0,206); (3) lunghezza dell’impianto (tassi di sopravvivenza del 96,97% per gli impianti >13 mm e del 94,87% per gli impianti <13 mm, P=0,624); e (4) miglioramento della superficie implantare (tassi di sopravvivenza del 94,03% per 67 casi di superfici sabbiate e incise con acido e tasso di fallimento di 4 su 5, e del 94,12% per 17 casi di superfici con rivestimento in idrossiapatite (HA) con 1 solo fallimento).
Il tasso di successo (definito come riassorbimento osseo <1,5 mm dopo il primo anno di carico e <0,2 mm successivamente) è risultato del 97,2%. Il carico immediato non occlusale di impianti singoli è una procedura chirurgico-protesica affidabile con un basso tasso di perdita degli impianti e una bassa quantità di perdita ossea attorno all'impianto nel tempo.
© J Oral Implantol 2006;32:43-51
Premessa:
È stato riconosciuto che la temporizzazione rigida ha un'incidenza significativa sulla risposta del tessuto peri-implantare negli impianti a carico immediato poiché riduce la sollecitazione meccanica esercitata sugli impianti.
Finalità:
La validità di un protocollo per il carico immediato di impianti multipli dipende dall'adeguato fissaggio degli impianti e dall'immobilità degli stessi, caratteristiche finalizzate alla prevenzione del rischio di micromovimenti connessi all'osso circostante. L'obiettivo di questo articolo è quello di valutare il concetto protesico per l'immobilizzazione accelerata con ferula rigida di impianti multipli per un carico immediato effettuato il giorno stesso dell'intervento, con protesizzazioni provvisorie con rinforzo in metallo, mediante una tecnica che prevede la saldatura di abutment per impianti temporanei con barra in titanio prefabbricata inserita direttamente nella cavità orale (sincristallizzazione).
Materiali e metodologie:
Tra giugno 2004 e gennaio 2005, è stato valutato in 40 pazienti il carico immediato degli impianti filettati con protesizzazione provvisoria in resina acrilica rinforzata in fase chirurgica 1. Un totale di 192 impianti è stato posizionato in una selezione di pazienti edentuli o parzialmente edentuli con l'impiego della tecnica della sincristallizzazione.
Una volta effettuata la saldatura intraorale della barra in titanio agli abutment, è stato applicato uno strato opaco e la protesizzazione provvisoria è stata rivestita e fissata con viti nello stesso giorno. Inoltre, è stato fatto un confronto delle deformazioni e della distribuzione delle sollecitazioni sulle protesizzazioni provvisorie in resina rinforzata in metallo e resina non rinforzata in metallo, su una mandibola edentula mediante il metodo degli elementi finiti tridimensionale.
Risultati:
Tutti i 192 impianti con temporizzazione rigida a carico immediato si sono osteointegrati. Il tasso di successo degli impianti ha raggiunto il 100% su un periodo di 6 mesi dal posizionamento. Durante il periodo di osservazione, nella protesizzazione provvisoria non si è verificata nessuna frattura e nessun fallimento del cemento per il fissaggio. In confronto alle semplici sovrastrutture acriliche, è stata rilevata, attraverso il metodo degli elementi finiti, una significativa riduzione della deformazione e della tensione interna alle protesizzazioni provvisorie rinforzate in metallo.
Conclusioni:
I risultati di questo studio indicano che la tecnica della sincristallizzazione consente una rapida e adeguata immobilizzazione con ferula rigida degli impianti multipli a carico immediato. I vantaggi di tale tecnica sono:
© Clin Implant Dent Relat Res 2006;8:123-134
La regione mascellare posteriore della bocca è deputata a sviluppare maggior forza nel morso rispetto a quella anteriore, sebbene, spesso, presenti una densità ossea più bassa. Un approccio biomeccanico spesso descritto come capace di diminuire i fattori di rischio nelle regioni ad alta sollecitazione o con scarsa densità ossea consiste nell'aumento della superficie dell'impianto. La maggior parte dei produttori fornisce impianti di lunghezze variabili.
Gli innesti del seno mascellare consentono il posizionamento di impianti più lunghi; tuttavia, l'analisi degli elementi finiti supporta l'ipotesi che la lunghezza dell'impianto sia un parametro secondario per la distribuzione delle sollecitazioni. Un approccio più vantaggioso, al fine di ottimizzare la superficie dell'impianto nelle regioni posteriori, è stato primariamente quello di aumentare il diametro dell'impianto. Tuttavia, con l’impiego di soluzioni e diametri convenzionali, si ottiene un aumento della superficie del 30% soltanto, mentre la forza del morso aumenta di oltre il 300% nelle regioni posteriori.
Una modifica del diametro dell'impianto e della filettatura (per esempio BioHorizons Implant System, Inc.) può aumentare la superficie di oltre il 300%. Questo studio clinico documenta un tasso di successo chirurgico dell'impianto del 99,4% nella mascella posteriore con l'uso del sistema implantare basato sulla qualità ossea di BioHorizons. Inoltre, non ci sono stati fallimenti di carico in fase iniziale, né fallimenti protesici.
La perdita di osso crestale durante la fase iniziale di carico è stata, in media, pari o inferiore a 0,71 mm, a seconda dell'approccio chirurgico utilizzato (monofase o bifase). L'aumento della superficie di questa soluzione, unito alla relativa filettatura con carico in compressione, può effettivamente essere all'origine della diminuzione dei fallimenti implantari nella prima fase di carico e, inoltre, contribuire a diminuire la tensione sull'osso crestale, con possibile conseguente riduzione della perdita ossea crestale.
© Oral Health 2000;8:7-15
ABSTRACT
Sebbene sia stato suggerito di usare gli impianti di piccolo diametro (=3,5 mm) con cautela a causa di un maggiore rischio di fratture da fatica in condizioni di carico clinico, diverse strutture implantari con diametri di <3 mm sono attualmente disponibili sul mercato per le ricostruzioni, comprese le protesizzazioni. Si registra la mancanza di studi di laboratorio e studi clinici randomizzati-controllati per dimostrare l'efficacia clinica delle strutture con diametri piccoli. Questo studio di laboratorio si proponeva di offrire dei dati comparativi sulle prestazioni meccaniche di alcuni impianti stretti disponibili in commercio.
The use of osseointegrated implants as an endoestal anchorage device to provide support for dental prostheses is a reliable and widely accepted treatment modality. The purpose of this study was to evaluate the clinical performance of biohorizons implants placed in the maxilla or in the mandible.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
One hundred fifty-five consecutive patients (71 men, 84 women), aged between 18 and 72 years (mean: 54 years) participated in this study. A total of 500 implants (internal; BioHorizons, Birmingham, AL, USA) were inserted. The cases were examined retrospectively in order to evaluate the clinical efficiency of BioHorizons implants and to determine the success rate of implant retained/supported prosthesis after a 5-year period. All implants were assessed clinically and radiographically on a yearly basis.
Risultati:
One hundred fifty-five consecutive patients (71 men, 84 women), aged between 18 and 72 years (mean: 54 years) participated in this study. A total of 500 implants (internal; BioHorizons, Birmingham, AL, USA) were inserted. The cases were examined retrospectively in order to evaluate the clinical efficiency of BioHorizons implants and to determine the success rate of implant retained/supported prosthesis after a 5-year period. All implants were assessed clinically and radiographically on a yearly basis.
Conclusioni:
Within the limitations of the observation period and sample number, the present findings confirmed sufficient success and survival rates of BioHorizons implants placed in the mandible as well as implants placed in the maxilla after a 5-year period. We can then conclude these implants can be highly satisfactory from a clinical point of view.
© Ege University, Faculty of Dentistry, Izmir, Turkey
ABSTRACT
The aim of the present investigation was to evaluate the clinical and histologic results of a sinus augmentation procedure performed using calcium sulfate as the grafting material. A group of 12 patients (15 sinuses) formed the pilot group. Based on the experience of the pilot group, the technique of calcium sulfate application was modified, and a second group of 45 patients (50 sinuses) was subsequently treated (test group). In the pilot group, a total of 30 implants (Biolock) was placed. In the test group, a total of 100 implants (Biolock and BioHorizons) was placed. The clinical data reported in the present study are related to the 1-year follow-up for both groups. Clinical evaluations, including assessment of implant mobility and probing pocket depth, were recorded on a monthly basis following implant uncovering until final prosthesis placement, and every 6 months thereafter. Radiographs were taken prior to sinus augmentation, monthly until 6 months postoperatively, 9 and 12 months after implantation, and at yearly intervals thereafter. One implant in the pilot group was not integrated at second-stage surgery, and 1 in the test group failed to maintain osseointegration after the abutment connection (at the 1-year evaluation). Based on defined criteria, the overall success rate for the 130 placed implants 1 year postimplantation was 98.5%. Clinical and radiographic evaluation revealed that the augmentation procedure resulted in new tissue formation within the sinuses. The technique used in the test group suggested a slowdown in material resorption and a reduction in graft shrinkage during healing. Bone biopsies were harvested for histologic evaluation. The application of a resorbable barrier membrane to the access window reduced the invagination of soft tissue at that level. The results of this study support the hypothesis that calcium sulfate may be a suitable material for sinus augmentation.
© Int J Oral and Maxillofac Implants. 1999 Nov-Dec;14(6):869-878.
Premessa:
Numerosi studi clinici documentano un tasso di fallimento più elevato per gli impianti di lunghezza <10 mm nelle regioni posteriori di pazienti parzialmente edentuli. Questo studio clinico si proponeva di valutare la sopravvivenza degli impianti dopo il ricorso ad un approccio biochimico per diminuire la tensione sull'interfaccia osso-impianto.
Non si sono verificate complicazioni né infezioni nel corso dell'esperimento. Alla settimana 2 e 4 l'esame istologico ha mostrato formazioni non mature di tessuto molle attorno a tutti gli impianti ed è stata riscontrata una piccola interazione epiteliale con le superfici dell'impianto poiché l'epitelio non si era rigenerato sulla superficie dell'impianto dopo 2 settimane, e non è stata osservata una relazione chiara tra l'epitelio e l'impianto a 4 settimane. Alla settimana 8, i campioni mostravano un tessuto molle e un tessuto epiteliale più maturi. In questi campioni, l'epitelio si era interamente rigenerato e il tessuto molle mostrava un collagene più maturo e organizzato. Nei campioni di controllo, il downgrowth epiteliale era aumentato in modo considerevole tra l'impianto e il tessuto molle formando un solco profondo lungo il colletto dell'impianto. Questo solco si era esteso alla superficie ossea e non era stata riscontrata alcuna o solo una scarsa interazione diretta con il tessuto molle o integrazione con le superfici di controllo. Gli impianti lavorati al laser di 8 settimane avevano prodotto un modello diverso di interazione tissutale. Anche l'epitelio aveva prodotto un solco sulla parte superiore dei colletti di questi impianti. Tuttavia, nella maggior parte dei casi il solco non si estendeva fino alla superficie ossea ma finiva in prossimità di una striscia di tessuto di larghezza pari a 300-700 µm, , che era attaccata alla base del colletto microtesturizzato. Sebbene la microtesturizzazione al laser si estendesse alla parte superiore del colletto, questo attacco di tessuto molle si era formato solo nella parte inferiore del colletto dell'impianto, dove un "angolo" stabile di tessuto molle era attaccato sia al colletto dell'impianto che alla superficie ossea. Questa disposizione del solco, dell'attacco epiteliale e dell'attacco del tessuto molle era simile alla disposizione strutturale dell' "ampiezza biologica" che è stata descritta attorno ai denti e, in alcuni casi, attorno all'impianto.
È stata esaminata da quattro studi privati una valutazione retrospettiva di 273 pazienti parzialmente edentuli sulle regioni posteriori trattati con 745 impianti di 7 o 9 mm di lunghezza, a sostegno di 338 protesizzazioni su un periodo compreso tra 1 e 5 anni. Sono stati acquisiti dati sulla sopravvivenza degli impianti relativi alle fasi di guarigione I e II, dalla fase II al fissaggio della protesi, e fino a 6 anni di follow-up.
Un approccio biochimico per ridurre le sollecitazioni sugli impianti posteriori prevedeva l’immobilizzazione con ferula degli impianti tra loro senza carico cantilever, ed ha consentito di curare il paziente che presentava un’occlusione reciprocamente protetta o a guida canina e di scegliere un impianto studiato per aumentare la superficie di contatto osso-impianto.
Risultati: Su 745 impianti inseriti, sono stati registrati sei esiti negativi tra le fasi di guarigione I e II. Tutti gli esiti negativi si sono verificati nel caso di approccio chirurgico monofase (240 impianti). Vi sono stati due esiti negativi tra la fase II di recupero e il momento del fissaggio della protesi. Dopo il fissaggio delle 338 protesi implantari definitive nessun impianto ha avuto esito negativo. Dall'intervento chirurgico di fase I al follow-up protesico, il tasso di sopravvivenza è stato del 98,9%.
Conclusioni:
Gli impianti corti possono essere usati con esiti prevedibili a supporto delle protesizzazioni fisse nei casi di edentulismo parziale posteriore. I metodi impiegati ai fini della riduzione della tensione biomeccanica sull'interfaccia osso-impianto appaiono adeguati a questo trattamento.
© J Periodontol 2006; 77:1340-1347
ABSTRACT
Finalità:Questo studio clinico si è proposto di valutare l'influenza dello spessore del tessuto gengivale sulla perdita di osso crestale intorno agli impianti con un follow-up a distanza di 1 anno dall’intervento.
Materiali e metodologie: Sono stati inseriti quarantasei impianti (23 test e 23 controlli) su 19 pazienti. Gli impianti test sono stati inseriti in posizione subcrestale a 2 mm, mentre gli impianti di controllo sono stati inseriti a livello osseo. Prima del posizionamento dell'impianto, lo spessore del tessuto nel sito dell'impianto è stato misurato con una sonda parodontale. Dopo la rimarginazione, sono state costruite protesi in metallo-ceramica con ancoraggi cementati. In base allo spessore del tessuto, gli impianti sottoposti a test sono stati suddivisi in gruppo A (sottili) e gruppo B (spessi). Sono state realizzate radiografie endorali e sono state rilevate le variazioni dell'osso crestale al momento del posizionamento dell'impianto e dopo 1 anno.
Risultati: La perdita ossea media intorno agli impianti test del gruppo A (mucosa sottile) è risultata pari a 1,61 ± 0,24 mm (errore standard: da 0,9 a 3,3 mm) a livello mesiale e 1,28 ± 0,167 mm (da 0,8 a 2,1 mm) a livello distale. La perdita ossea media negli impianti test del gruppo B (mucosa spessa) è risultati pari a 0,26 ± 0,08 mm (da 0,2 a 0,9 mm) a livello mediale e a 0,09 ± 0,05 mm (da 0,2 a 0,6 mm) a livello distale. La perdita ossea media intorno agli impianti di controllo è risultata pari a 1,8 ± 0,164 mm (da 0,6 a 4,0 mm) a livello mesiale e pari a 1,87 ± 0,166 mm (da 0,0 a 4,1 mm) a livello distale. L'analisi della varianza ha rivelato una significativa differenza in termini di perdita ossea tra i gruppi A (sottile) e B (spesso), sia a livello mesiale, sia a livello distale.
Conclusioni: Lo spessore iniziale del tessuto gengivale a livello crestale può essere considerato un fattore dall'influenza significativa sulla stabilità ossea marginale intorno agli impianti. Se lo spessore del tessuto è uguale o inferiore a 2,0 mm, si può verificare una perdita di osso crestale fino a 1,45 mm, nonostante la posizione sopracrestale dell'interfaccia impianto-abutment.
© Int J Oral Maxillofac Implants. Luglio-Agosto 2009, 24(4): 712-9.
ABSTRACT
Finalità:Questo studio pilota era finalizzato a determinare gli effetti che i tessuti mucosi sottili possono avere sulla stabilità dell'osso crestale intorno agli impianti con platform switching.
Materiali e metodologie: Quattro pazienti sono stati trattati con dodici impianti in 2 pezzi: 6 impianti con connessione impianto-abutment orizzontale (impianti di controllo) e 6 impianti con platform switching (impianti test). L'età media dei pazienti era 43 anni (fra 37 e 56 anni). Lo spessore del tessuto mucoso nei siti degli impianti era pari o inferiore a 2 mm. Gli impianti sono stati ripristinati con 5 corone con splintaggio e un'unica protesi parziale fissa di 3 unità. Sono state realizzate radiografie endorali e rilevate le variazioni dell'osso crestale al momento del posizionamento dell'impianto e alla visita di follow-up a 1 anno dall'intervento. Il livello di significatività statistica è stato fissato a un valore P inferiore a 0,05.
Risultati: La perdita ossea intorno agli impianti test era di 1,81 ± 0,39 mm sul lato mesiale e di 1,70 ± 0,35 mm a livello distale. Gli impianti di controllo hanno superato il riassorbimento dell'osso marginale raggiungendo valori pari a 1,60 ± 0,46 mm sul lato mesiale e 1,76 ± 0,45 mm sul lato distale. Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra gli impianti test e quelli di controllo, né a livello mesiale (F[1,10} = 0,746; P = 0,408), né distale (F[1,10} = 0,080; P = 0,783).
Conclusioni: Entro i limiti posti da questo studio pilota, si può concludere che gli impianti con platform switching non preservano l'osso crestale meglio degli impianti con connessione tradizionale impianto - abutment nel caso in cui, al momento del posizionamento dell'impianto, fossero presenti tessuti mucosi sottili.
© J Oral Maxillofac Surg. 2010 Sep; 68(9): 2272-7.
ABSTRACT
Finalità: Questo studio retrospettivo era finalizzato a documentare i risultati clinici della provisionalizzazione immediata con l’impiego di impianti one-piece di diametro ridotto.
Materiali e metodologie: Sono state prese in esame le cartelle odontoiatriche dei pazienti in cui sono stati inseriti gli impianti con diametro ridotto. Si sono utilizzati impianti one-piece con diametro ridotto (3,0 mm) destinati a supportare protesizzazioni di incisivi laterali mascellari e incisivi mandibolari mancanti. Tutti gli impianti sono stati posizionati con un intervento monofase, secondo il protocollo indicato dal produttore, con posizionamento immediato di protesizzazioni provvisorie. Dopo un periodo medio di recupero di 3 mesi per la mandibola e di 5 mesi per la mascella, sono state realizzate le protesi definitive. È stato analizzato il tasso di sopravvivenza degli impianti ed è stato effettuato un esame radiografico.
Risultati: Trentasei pazienti (20 uomini e 16 donne), di età compresa fra 42 e 72 anni (età media 53 anni), sono stati trattati con 62 impianti one-piece di diametro ridotto. È stato registrato un tasso di successo del 100% per un periodo fino a 33 mesi (media: 23 ± 4,3 mesi). Fra questi, 8 impianti sono stati posizionati al posto degli incisivi laterali mascellari e 54 nella zona degli incisivi mandibolari. Quarantaquattro impianti fungevano da supporto a protesi parziali fisse e 18 a corone singole. La maggior parte degli impianti misurava 15 mm in lunghezza. La perdita ossea media marginale alla visita di follow-up del 12° mese risultava pari a 0,53 ± 0,37 mm (intervallo: da 0 a 1,4 mm).
Conclusioni:I risultati ottenuti nell'analisi retrospettiva indicano che l'impianto one-piece con diametro ridotto può ripristinare in maniera prevedibile gli incisivi laterali mascellari mancanti e l'incisivo mandibolare in presenza di spazi interdentali stretti e ampi spazi labiolinguali.
© Int J Oral Maxillofac Implants. Gennaio-Febbraio 2011, 26(1): 163-8.
Premessa:
Il concetto di carico immediato degli impianti conici per protesizzazioni fisse è stato oggetto di interesse crescente negli ultimi 5 anni. Molti autori hanno discusso i parametri che possono influenzare i risultati come il numero degli impianti, la loro lunghezza, la densità ossea e le abitudini del paziente. Il rimodellamento dell'osso interno all'impianto può essere motivato dal trauma chirurgico dell'inserimento o dalla tensione meccanica sull'interfaccia.
Nel classico approccio a due fasi, si è trattato di episodi distinti, separati da un intervallo da 3 a 6 mesi. Il carico immediato comprime questo intervallo di tempo; i due meccanismi che inducono il ripristino del tessuto osseo si verificano simultaneamente. Un approccio scientifico allo sviluppo dell'interfaccia è quello di far coincidere la cicatrizzazione ossea del trauma (osso intrecciato di riparazione) con la risposta del carico meccanico (osso intrecciato reattivo). In tal modo, la somma di questi due elementi non provoca formazione di tessuto fibroso e mobilità clinica dell'impianto.
Finalità:
Il presente articolo si propone di valutare il fondamento scientifico di queste asserzioni collegandole alla fisiologia e alla biomeccanica ossea. Materiali e metodologie: I risultati dei precedenti studi presenti in letteratura sono stati analizzati e sintetizzati a costituire la base di uno studio prospettico realizzato con l'impiego di un sistema implantare basato sulla qualità ossea (Maestro, BioHorizons Implant Systems, Inc., Birmingham, AL, USA).
Una protesi temporanea è stata inserita il giorno stesso dell'intervento o entro 2 settimane in 30 pazienti e 31 arcate. A supporto di tali protesizzazioni sono stati impiegati, complessivamente, 244 impianti, per una media di 7,8 impianti per protesi. Dopo un periodo compreso tra 4 e 7 mesi, sono state realizzate le protesizzazioni definitive. Un anno dopo l'inserimento della protesizzazione finale, la percentuale di sopravvivenza degli impianti era del 100%; anche le 31 protesizzazioni hanno fatto registrare un tasso di sopravvivenza del 100% in tale arco di tempo. Questo studio presenta detti impianti e protesizzazioni su un periodo compreso tra 1 e 5 anni, con un periodo medio di follow-up di 2,6 anni.
Risultati:
La perdita ossea media registrata dal momento dell'inserimento dell'impianto al fissaggio della protesizzazione definitiva è stata di 0,7 mm. La perdita ossea media relativa al primo anno, dopo il fissaggio della protesizzazione definitiva, è stata di 0,07 mm. Dopo il primo anno è stato rilevato un leggero aumento dell'altezza dell'osso, ma in generale non è stato rilevato alcun aumento nel restante periodo di valutazione.
Conclusioni:
Nel presente studio non si è verificato nessun fallimento implantare e i dati relativi alla perdita di osso crestale rilevati erano simili o inferiori a quelli documentati con l'approccio a due fasi basato sulle condizioni. Questo può essere dovuto al numero e alla posizione degli impianti, al design degli stessi e/o alla condizione della superficie del carico dell'impianto.
© Clin Implant Dent Relat Res 2003;5:17-28
È risaputo da tempo che la presenza di tessuto fibroso riduce la sopravvivenza a lungo termine dell'impianto conico (root-form). Carichi eccessivi su un impianto osteointegrato possono provocare la mobilità del dispositivo di supporto o persino lesionare una componente o il corpo dell'impianto. Nonostante siano parecchie le condizioni che possono causare perdita di osso crestale, una di queste può essere il sovraccarico protesico.
Carichi eccessivi sull'osso causano un aumento della sollecitazione. Queste microsollecitazioni a carico dell'osso possono avere un'influenza diretta sul tasso di rimodellamento osseo.
Quando le sollecitazioni subite dall'osso interfacciale hanno luogo nella zona a sovraccarico leggero, si verifica una maggiore risposta di rimodellamento osseo, con conseguente ossificazione reattiva di osso intrecciato meno mineralizzato e più fragile. Livelli maggiori di stress possono portare la sollecitazione interfacciale a livelli di sovraccarico patologico, causando microfratture dell'osso, formazione di tessuto fibroso e/o riassorbimento.
Recenti studi suggeriscono che il tasso di rimodellamento osseo in prossimità dell'impianto può servire a valutare le condizioni biochimiche e l'effetto delle stesse sull'interfaccia osso-impianto. Tali condizioni comprendono una serie di fattori, tra cui le condizioni di carico, le condizioni della superficie dell'impianto e il design dell'impianto stesso. Per un determinato livello di carico, il design dell'impianto è uno dei principali fattori che determinano i livelli di sollecitazione sull'interfaccia.
L'obiettivo prestabilito era di trattare un impianto con tecniche di bioingegnerizzazione tali da far sì che lo stesso esercitasse un carico sull'osso a livello di interfaccia in un rapporto stress/sollecitazione prestabilito, allo scopo di mantenere l'osso lamellare sull'interfaccia. Si riporta un caso clinico riguardante 2 impianti bioingegnerizzati caricati per 1 anno, in base al quale è stato dimostrato che l'osso aveva una struttura principalmente lamellare, il tasso di rigenerazione ossea è risultato inferiore a 5 micron al giorno e uguale a quello dell'osso lontano dall'interfaccia.
Questi risultati confermano quelli osservati in un precedente studio su animali realizzato con un impianto con lo stesso design. Sebbene gli impianti valutati in queste due relazioni siano pochi, esse avvalorano un risultato istologico predeterminato.
© J Periodontol 2001;72:1276-1286